Una storia di due me

Una storia di due me

Cosa succede dopo che una persona è rinata? Com’è la nuova vita di quella persona?

Beh, so com’è la mia vita oggi, e posso dirti che ha una forte somiglianza con la vita che l’apostolo Paolo descrive nel settimo capitolo della sua lettera ai Romani. La maggior parte del tempo ci sono almeno due me. Solo uno di questi è reale, ma entrambi sembrano reali ed entrambi agiscono in maniera reale.

Il vero me, quello che Dio ha creato e miracolosamente portato di nuovo alla vita, è immaturo e instabile, ma cresce più forte tutto il tempo. È pienamente vivo, e la sua vita è marcata da realtà spirituali. Sperimenta amore, sente gioia, e conosce pace. Cresce in pazienza, mostra gentilezza, acquisisce bontà e mostra fede. Sta imparando l’umiltà, e sta sviluppando l’autocontrollo.

Ma questo nuovo me, il vero me, non è solo. In qualsiasi momento, viene opposto da almeno un falso me, una persona che ho creato tempo fa, un vecchio attore che ama il palcoscenico e non lo cede volentieri.

Per usare il linguaggio di Paolo, questi due sono “lo spirito” e “la carne”. L’esercizio della vita cristiana, diceva, consiste nell’imparare come seguire uno e abbandonare l’altro, fidarsi di uno e diffidare dell’altro, ascoltare uno e ignorare l’altro. Non è così facile come sembra, perché la carne è subdola e molto persistente.

Non aiuta, immagino, che la maggior parte dei falsi me siano cresciuti in chiesa. Parlano quella lingua. Conoscono le canzoni a memoria. Sebbene siano certamente capaci di depravazione e indicibili crudeltà, sono anche molto bravi a essere molto bravi, e sono determinati a riprendere il controllo della mia vita.

I miei falsi me detestano il pensiero di arrendersi a Dio o al popolo di Dio. Insistono che fossi solo malato, non morto, e che posso fare un percorso di recupero da solo. Ridicolizzano inoltre l’idea che Dio possa amarmi veramente.

I miei falsi me mi avvertono che una fede infantile nella bontà di Dio è da ingenui, che una semplice fede nella sua pazienza e nella sua cura è da pazzi. Dio si aspetta che io prenda forma, dicono, e pure velocemente. Il suo perdono scade. Non mi ha realmente liberato, ma mi ha dato a malapena una libertà vigilata. Dio mi ha dato una spinta, dicono, uno slancio, una seconda possibilità, ma adesso tocca a me rimettere insieme la mia vita e arrivare al traguardo.

I miei falsi me suonano i tamburi dell’auto-miglioramento mentre cantilenano dei falsi incoraggiamenti. Lavora sodo! Nessun errore! Puoi farcela! Possiamo aiutarti!

Cosa?” chiese Paolo, esterrefatto. Stava scrivendo ai Galati, ma stava parlando pure a me. “Siete impazziti? State veramente pensando di lasciare che loro gestiscano la vostra vita di nuovo? Perché? Sono morti, e ogni cosa che producono è morta. C’era un tempo quando pure voi eravate morti. Ricordate l’inutilità del vostro vecchio modo di vivere, le prestazioni frenetiche, il vuoto dopo lo spettacolo? Perché vorreste tornare lì?”

Paolo aveva ragione.

La strada davanti a me non si percorre con il miglioramento del vecchio me ma attraverso l’accettare il nuovo me, il vero me. Sto trovando una vita, non ne sto costruendo una. Sto facendo cose preparate prima del tempo, compiendo uno scopo eterno. Il vero me – quello che Dio ha creato all’inizio – è di nuovo vivo, vivo spiritualmente come lo era Adamo prima della Caduta. Sono vivo, e non sono solo.

Autore: Nate Larkin (tratto dal suo libro “Sansone e i monaci pirati”)