Riflesso contro Riflessione

Riflesso contro Riflessione

Sansone era un vero uomo d’azione – qualcuno che agiva, non qualcuno che pensava. Era il tipo forte e silenzioso (che è un altro modo di dire che era emotivamente costipato). Sansone non si metteva in discussione. Non si preoccupava di analizzare le sue ragioni o addolorarsi dei suoi errori. Sapeva che i suoi problemi erano causati da altre persone, principalmente quei maledetti Filistei, e che il modo migliore con cui prendersi cura di loro era di rispondere con una forza inarrestabile. Sansone credeva che la sua unica sicurezza fosse nella forza. Non gli piaceva mostrare debolezze – né a Dio, né agli altri e neppure a sé stesso.

È interessante che in tutte le scene della vita di Sansone che ci vengono descritte, solo una contiene una preghiera.

Sansone fu il capo spirituale di Israele per vent’anni, ma non era un uomo di preghiera. Aveva cose più importanti da fare. L’unica sua preghiera che viene descritta nella Bibbia fu un’ultima, disperata supplica di forza prima del suo spettacolare attacco suicida al tempio Filisteo.

Su questo punto, il contrasto tra Sansone e Davide non potrebbe essere più differente. Il libro dei Salmi, il libro più lungo della Bibbia, è un tesoro di trascritti delle conversazioni giornaliere di Davide con Dio. In queste preghiere vediamo l’appassionata relazione col misterioso Potere che copriva la sua vita. La loro relazione era autentica, e come ogni relazione dove un essere umano è pienamente coinvolto, comprendeva l’intero spettro delle emozioni umane.

Alcuni giorni Davide era quasi fuori di sé dall’entusiasmo, completamente al sicuro nel tenero affetto e nella cura di Dio. La lode usciva dalle sue labbra come una cascata, e cantava di fede, fiducia e sicurezza.

Altri giorni, invece, le parole di Davide ci risuonano come un messaggio vocale di un amante lontano che ha bevuto troppo. Amareggiato e arrabbiato, si lamentava che Dio era troppo lontano da lui, indifferente ai suoi problemi o, peggio, la causa di essi. A volte affogava nell’autocommiserazione e nella disperazione. Altre volte ammetteva di essere spaventato o imbarazzato, assediato o vergognato, vanitoso o confuso.

Qualunque fosse il suo stato d’animo, Davide era invariabilmente onesto con Dio, ed era solitamente onesto anche con quelli che erano intorno a lui. Anche se si era dedicato all’autoanalisi, sapeva che non avrebbe mai scoperto gli antri più oscuri del suo cuore senza l’aiuto di Dio e degli altri. Non aveva paura di apparire debole, perché capiva che tutti sono deboli. Non provava ad apparire perfetto, perché capiva che tutti sono imperfetti. Credeva pure, nel profondo, che apparteneva a Dio, e che Dio è forte e perfetto e, soprattutto, buono. Radicato in una relazione genuina con Dio, Davide viveva la sua vita, tutta, apertamente. E ha lasciato dietro di sé le sue preghiere oneste affinché noi le potessimo vedere.

Sansone, l’uomo forte e determinato, era fortemente disabilitato da una cecità volontaria. Aveva perso la vista molto prima che gli cavassero gli occhi. Sansone camminò dritto in un’imboscata nella casa di Dalila, la stessa casa dove gli era stata tesa un’imboscata per tre volte di seguito, eppure non vide mai arrivare il pericolo.

Davide fece l’errore di guardare nell’abbagliante fuoco della lussuria un giorno, e ne fu temporaneamente accecato. Ma la sua vista fu presto recuperata, perché Davide voleva veramente tornare a vedere.

Autore: Nate Larkin (tratto dal suo libro “Sansone e i monaci pirati“)