La rendicontazione e l’abitudine di mentire

La rendicontazione e l’abitudine di mentire

“Esistono delle persone che soffrono di gravi disturbi emotivi e mentali, ma molti di loro possono guarire, se avranno il coraggio di essere onesti.”

The Big Book of Alcoholics Anonymous

“Siamo un gruppo di uomini cristiani. Siamo anche… bugiardi di natura, che ora stanno trovando libertà nella verità.”

Tratto dal Format di un incontro tipo della Samson Society

Un mio amico, che ha sovvenzionato per anni ragazzi nel gruppo di recupero dei “12 passi”, fa sempre lo stesso discorso ad ogni nuovo ragazzo che sostiene. “Prima di iniziare” dice “voglio che tu capisca che non mi illudo riguardo la tua onestà. Non mi aspetto che tutto ciò che mi dici oggi sia vero, perché il tuo comportamento dimostra che hai mentito a te stesso e gli altri, per tanto tempo. Ciò che ti chiedo è di impegnarti a dirmi la verità oggi stesso, cosicché se in futuro dovrai cambiare versione o aggiungere altri dettagli alla tua storia, non sarai penalizzato”.

Trovo l’approccio del mio amico particolarmente saggio. Dopotutto, la menzogna è la linfa vitale della dipendenza, quindi è normale supporre che, fino a quando una persona sesso-dipendente non abbia sviluppato una determinata forza, che lo porterà alla guarigione, troverà molto difficile affrontare la cruda verità e mostrarsi per quello che è realmente.

Si può mentire per tanti motivi

Nel suo libro The Road Back to You: An Enneagram Journey to Self-Discovery, Ian Cron evidenzia le modalità in cui tendiamo a nascondere la verità, per i più svariati motivi, in modo inconscio e a seconda della nostra personalità. Per esempio:

  • Un perfezionista sarà tentato di negare anche il minimo errore perché, nella sua mente, il suo valore dipende dal fare le cose in modo perfetto.
  • Un attore sarà tentato di coprire una caduta, perché ritiene che il fallimento sia una cosa fatale e non recuperabile; il suo unico valore sta nell’essere percepito come una persona di successo, dunque una stella.
  • Uno sfidante sarà tentato di nascondere un errore, per paura di essere visto come debole e vulnerabile e perdere il controllo in una relazione.
  • Un consulente eviterà di ammettere i suoi errori, per paura che il conflitto possa compromettere il suo forte legame con una persona o un gruppo.

Per quanto tempo ci trascineremo appresso le bugie?

Una volta che iniziamo a mentire, ci viene difficile smettere. David Hampton, che mi affianca nella conduzione del Podcast “Sobrietà Positiva”, mi ha fatto molto ridere qualche giorno fa, raccontandomi che quando aveva dieci anni, ha finto di soffrire di appendicite, per non andare in chiesa una domenica mattina. Quando i suoi genitori chiamarono il dottore, lui continuò a sostenere che aveva tanti dolori, fino a quando non lo portarono in ospedale, pronti ad operarlo. Con una simile propensione verso la menzogna, David costruì una carriera di successo, come alcolista cronico.

Durante la mia adolescenza, ricordo di aver mentito senza problemi ai miei genitori. La reazione di mio padre, ogni volta che mi smascherava, era quella di picchiarmi forte sulla schiena, con la sua cinta; purtroppo la sua tattica di incutermi paura non mi ha trasformato in un narratore di verità. Iniziai a fare calcoli, notando che le sanzioni per il peccato erano alte, mentre il rischio di scoprire le mie bugie era basso. La matematica ha chiaramente favorito la menzogna. Questo fu ancor più vero quando le mie trasgressioni iniziarono a riguardare ambiti sessuali.

Avevo quarant’anni quando ho iniziato a combattere la mia dipendenza: un gruppo di ex sesso-dipendenti, che “camminava nella luce”, m’invitò ad unirmi a loro. Avevo difficoltà a seguirli, proprio perché non riuscivo a smettere di mentire. Non stavo inventando bugie ma non stavo nemmeno dicendo tutta la verità. Perché lo facevo? Perché questi ragazzi mi piacevano e volevo piacere a loro. Avevo paura di perdere il mio posto nella gerarchia del gruppo, avevo il terrore di essere rimproverato e ridicolizzato, per i miei inevitabili fallimenti.

Nel frattempo, mi resi conto che le dinamiche di questo gruppo, erano diverse da quelle di gruppi che avevo frequentato in passato, fondati sulla responsabilizzazione dell’individuo e sulla vergogna per gli errori commessi. Qui, la gerarchia che immaginavo non esisteva. La sobrietà era un obbiettivo da raggiungere ma senza sforzi. Le ricadute hanno incontrato comprensione, piuttosto che rimproveri. “Raccontare la verità sin dall’inizio” è stato considerato un atto di coraggio e nessuno dei partecipanti è stato mai espulso.

Dopo vent’anni di frequentazione di gruppi di recupero, a volte trovo ancora difficoltà ad essere sincero. Le situazioni difficili mi rendono nervoso e qualche volta tentenno, ma non ho più l’abitudine di mentire. La mia onestà non è merito mio, è semplicemente una testimonianza del potere trasformativo della grazia di Dio. Oggi sono sostanzialmente un uomo onesto, perché ho trovato un gruppo di uomini in grado di gestire la verità, senza giudicare quanto brutta potesse essere.

Autore: Nate Larkin (fondatore della Samson Society)