Esperienza 1: Privazione

Esperienza 1: Privazione

L’altalena della dipendenza

A un primo sguardo, il comportamento sessuale indesiderato sembra essere un imponente albero dell’autoindulgenza, e invece la sua forza proviene dalle massicce radici della privazione che stanno sotto la superficie. La privazione e la dipendenza condividono un’architettura simile: si sostituiscono a vicenda quando l’uno a l’altra è assente, proprio come un’altalena. Coloro che si privano di relazioni significative e non hanno cura di sé hanno maggiori probabilità di esigere che altre persone o cose offrano ciò che manca loro, anche se si tratta di forme distruttive del reale bisogno. Le scelte compulsive scatenano poi il loro corrispettivo: più gli individui si comportano male, più è probabile che si privino di relazioni interpersonali significative e della cura di sé perché hanno la sensazione di non meritare né le une né l’altra.

Dalla mia ricerca è risultato che quando le donne gli e uomini percepivano di avere dei bisogni insoddisfatti (nel senso che non credevano che i loro bisogni fossero importanti oppure pensavano di dovere soddisfare i loro bisogni tenendoli nella clandestinità) erano particolarmente soggetti a mettere in atto dei comportamenti sessuali indesiderati.

Ignorare i tuoi bisogni non è un atteggiamento virtuoso; è pericolosamente irresponsabile. Il tuo coniuge, i tuoi genitori e gli amici non sono responsabili di soddisfare le tue esigenze: quella responsabilità è interamente tua.

Uno dei motivi principali per cui gli uomini e le donne continuano a mettere in atto dei comportamenti sessuali indesiderati per decenni è che non hanno mai guardato con onestà le aree della loro vita in cui hanno sperimentato delle privazioni. La mia ricerca ha mostrato che solo il 27% degli utenti di pornografia aveva un solido programma di cura di sé (esercizio fisico, alimentazione corretta e una giusta quantità di tempo trascorso con gli amici). La maggior parte di coloro che lottano contro i comportamenti sessuali indesiderati scelgono la passività anziché chiedere di ricevere ciò di cui hanno bisogno o essere onesti su ciò che stanno sperimentando. Vagano per la vita sentendosi oberati di lavoro oppure sottovalutati, il che dà loro la sensazione di avere il diritto di vivere delle esperienze che credono di meritare.

A seconda dei casi, la privazione può essere evidente o appena percettibile. A uno sguardo superficiale può sembrare un atto nobile, come nel caso di rimandare sempre agli altri il compito di decidere dove andare a cena per paura di fare la scelta sbagliata, oppure intraprendere progetti che porteranno a fare degli straordinari sul lavoro perché si preferiscono l’esaurimento e lo stress al riposo e ai rapporti interpersonali impegnativi. Per altri, è una negligenza delle cure fisiche di base. Quando chiedo ai miei clienti informazioni sulla qualità del loro sonno o domando quando è stato l’ultima volta che sono andati da un medico o da un dentista, le risposte sono spesso inquietanti. Di solito riferiscono di sentirsi come se fossero in ritardo su una tabella di marcia di qualche tipo, ad esempio quella dei progetti di lavoro o della pulizia della loro auto. Un cliente mi ha detto che la sua azienda gli doveva più di 125.000 dollari e nella stessa sessione mi ha detto che un abbonamento a un corso in palestra e comprare dei cibi più sani sarebbe stato troppo costoso.

La dolorosa scoperta di molte persone è che non hanno mai notato quanto fossero profonde le radici della privazione fino a quando non si sono ritrovate intrappolate in comportamenti sessuali indesiderati. Se si riesce a bloccare l’impulso a condannare questo comportamento, nascerà una sana curiosità sui modi in cui la nostra dipendenza cerca di nutrire dei bisogni legittimi. È difficile capire fino a che punto siamo arrivati nella ricerca di soddisfare queste legittime necessità, ma è il nostro gemito che ci dà il coraggio di “tornare a casa”. Nella parabola del figlio prodigo, il personaggio principale scopre la sua privazione quando prova la fame fisica e la vergogna nell’anima. Paradossalmente, è la consapevolezza di questo comportamento di privazione e sperpero a infondere in lui il desiderio di tornare alle comodità della casa di suo padre.

Autore: Jay Stringer (ha scritto il libro Indesiderati)