Disarmare il potere della vergogna

Disarmare il potere della vergogna

La vergogna è la dolorosa consapevolezza di qualcosa che hai fatto o non hai fatto che ti ha reso indesiderato oppure indegno di sentirti parte di un luogo o una comunità. Con la mia indagine ho scoperto che la vergogna era il fattore chiave più costante nel comportamento sessuale indesiderato. La vergogna ci convince del fatto che non siamo desiderati e noi perseguiamo dei comportamenti che lo confermano. Per trovare la libertà, devi disarmare il potere della vergogna.

Più ti vergogni, più cercherai la pornografia. Potrebbe sembrare ovvio che la vergogna spinga l’uso della pornografia, ma i numeri forse ti spaventeranno. Gli uomini del mio campione avevano quasi 300 volte più probabilità di cercare la pornografia per ogni unità di vergogna che prova- vano per il loro comportamento, e per le donne questa probabilità arriva- va al 546%. Va detto chiaramente: è la vergogna, non il piacere, a spingere all’uso della pornografia.

Oltre alla pornografia, la vergogna è un fattore predittivo chiave per molte altre importanti tipologie di comportamento sessuale indesiderato.

Una delle storie più piacevoli che ho letto negli ultimi anni è contenuta in un’intervista ad Andy Casagrande, il cameraman del tristemente noto programma Shark Week di Discovery Channel. A Casagrande era stato chiesto che cosa doveva fare quando un grande squalo bianco gli si stava avvicinando. Lui ha risposto che doveva agire in un modo che normalmente parrebbe un controsenso: nuotare dritto verso lo squalo con la telecamera. Questa azione innesca un meccanismo di difesa nell’animale predatore. “Lo squalo pensa qualcosa del tipo: ‘Aspetta un attimo, tutto quello che c’è nell’oceano cerca di allontanarsi da me, come mai questo tipo non lo fa?’. La realtà è che se non ti comporti come una preda, lo squalo non ti tratterà come tale”.

La dichiarazione di Casagrande ha molto da insegnarci su come disarmare il potere della vergogna: dovremmo affrontarla a viso aperto. La vergogna è il più grande predatore della nostra vita e il tentativo di aggirare con l’astuzia i “brutti ricordi” che abbiamo di nostre azioni è naturale. Tentiamo di allontanarci dalla vergogna ogni volta che sdrammatizziamo l’intensità del dolore, quando abbracciamo teologie che considerano virtuosa l’amnesia o il facile perdono del male subito in passato e tutte le volte in cui ricerchiamo comportamenti di dipendenza in cui puniamo il nostro corpo mille volte per la crudeltà originariamente commessa contro di noi. Qui sta il problema: il potere della vergogna assai spesso deriva dalla nostra fuga da essa. Più corriamo via, più lei ci insegue.

La svolta verso la guarigione sta nel fissare gli occhi sullo squalo del- la vergogna, sfidandolo, disarmandolo e dimostrando che è lui a doversi sottomettersi al potere paradossale della vulnerabilità. Più nuotiamo nella direzione della vergogna, più riconosciamo che le nostre attuali lotte sono spesso delle cortine fumogene, che ci distolgono dalla presenza di esperienze più minacciose. Forse hai preso in mano questo libro nel tentativo di risolvere il problema che hai con la pornografia, ma hai presto capito che sotto la superficie nuotavano altre questioni. La vergogna è sicuramente una bestia terrificante, ma ogni volta che scegliamo di non vivere come sua preda, la scopriamo meno potente di quanto immaginassimo. L’azione di affrontare senza timore la nostra vergogna ricorda qualcosa che Dio aveva ordinato agli israeliti di fare quando i serpenti velenosi minacciavano la loro esistenza nel deserto. Il popolo di Israele era nomade e riceveva razioni di cibo cadute dal cielo. Terrorizzati all’idea di morire e detestando la limitata scelta che avevano in fatto di cibo e alloggio, gli israeliti avevano iniziato a fare ciò che risultava loro più naturale: criticare Mosè e il Signore per averli messi in quel pasticcio. La risposta di Dio fu di intensificare la tristezza della loro situazione: mandò dei serpenti velenosi per morderli. Si formarono mucchi di cadaveri di corpi avvelenati e la gente era sempre più sconvolta. Con quella sensazione di orrore e impotenza, riconobbero che forse erano state le parole lamentose e calunniose pronunciate sui loro capi ad aver prodotto tale stato di cose. Mosè percepì il rimorso degli israeliti e supplicò il Signore di guarire il popolo.

Il rimedio di Dio fu semplice e quasi assurdo: fece modellare un serpente di bronzo, lo fece mettere su un’asta e chiese agli israeliti avvelena- ti di guardarlo. L’allegoria è abbastanza trasparente: gli ebrei dovevano guardare bene proprio la cosa che li stava uccidendo. Il Vangelo di Giovanni riprende questa storia nel capitolo 3 e la riutilizza, ma questa volta è Gesù che viene posto su un palo di tortura e le persone devono guardare a lui per essere salvate. Anche noi riceviamo guarigione nella misura in cui siamo in grado di guardare in faccia e chiamare per nome ciò che ci sta uccidendo.

Stare fermi per affrontare senza remore la propria vergogna è una decisione che ha un prezzo altissimo, però è liberatoria, poiché non si sa mai del tutto che cosa ci aspetta quando siamo al di sopra e al di là dei confini della vergogna. Il percorso di guarigione che ti attende implica l’impegno a guarire le ferite che finora hanno segnato la tua vita. Ma non è tutto! C’è anche molta bellezza oltre le mura della prigione della vergogna. Dovrai spendere tutto quello che hai per trovarla, ma potrebbe darti proprio quello che cerchi da sempre, vagando qua e là. La sconfitta definitiva della vergogna è sancita quando le stesse esperienze che hanno tentato di convincerti che non eri un individuo desiderato diventano le fonti della gioia grandissima di essere amato.

Autore: Jay Stringer (ha scritto il libro Indesiderati)