Quando la vergogna è più profonda della salvezza

Quando la vergogna è più profonda della salvezza

È frequente, specie tra i cristiani, confondere l’umiltà con l’umiliare sé stesso, credendo che per riuscire ad evitare il peccato dell’orgoglio basti considerarsi ignobili e sporchi. In questo scritto, mi oppongo all’idea che noi dobbiamo essere necessariamente sviliti, nascondendoci. In effetti, forse la vera umiltà e gratitudine possono arrivare solo quando impariamo ad apprezzare il modo meraviglioso in cui siamo stati creati.

“Capisco benissimo che quando ci viene detto di amare noi stessi, di piacersi, può essere considerato come un ‘”imperativo categorico” della fede cristiana: accettare dolcemente l’umanità che ci è stata affidata! Obbedire al proprio destino! Non cercare continuamente di sfuggire! Essere onesti con noi stessi! Accettarsi! L’auto-accettazione è la base del credo cristiano. L’assenso a Dio inizia con un sincero consenso di noi stessi, proprio come la fuga peccaminosa da Dio inizia con il fuggire da noi stessi.”

Johannes Baptist Metz

Era agitata e mi stava di fronte, incapace di apprezzare e godere del nostro incontro. “Non posso essere orgogliosa”, mi disse, mentre si sedeva nel mio ufficio con le mani che le reggevano dolcemente il viso. “Il disprezzo che provi per te stessa è accettevole e gradito a Dio?”, le chiesi. Scosse la testa incredula, nessuno dei due sapeva quale direzione avrebbe preso la conversazione.

La cosa che mi spezzò il cuore fu che la “stima” che nutriva di sé stessa le sembrava “peccato”. Se arrivava ad apprezzarsi e sentirsi una brava persona, lo identificava come una sorta di “orgoglio”. Era arrivata addirittura a credere che la “malvagità” fosse la sua qualità più vera e nobile; la sua persona era sporca e quindi l’auto-annientamento aveva senso, visto che Dio odia il “peccato”. Questo sentimento è abbastanza comune e può facilmente essere manipolato dal Male, generando odio per sé stessi (spiegherò questo concetto più a fondo).

Capisco bene la battaglia della mia assistita. Sono cresciuto nella chiesa battista; mia madre mi trascinava in chiesa tre volte a settimana. Ascoltavo qualcosina, ma gran parte del tempo lo passavo a disegnare su quelle strane buste color fucsia. Mentre continuavo a crescere e maturare, ascoltavo i sermoni più attentamente, concentrandomi meno sugli sgradevoli assoli della moglie del direttore del coro.

La cosa che memorizzai maggiormente, dalle migliaia di ore di prediche ascoltate, era la sicurezza di “essere un peccatore”. Ero cattivo, mentre Gesù era buono. Avrei fatto meglio ad accettare Gesù nel mio cuore o sarei bruciato all’inferno per sempre. Tutto qui. Ho accettato Gesù sette volte, per stare più sicuro. Ma non importava quante volte fui lavato nel sangue di Gesù, mi sentivo ancora sporco, stavo male. La mia vergogna era più profonda della mia salvezza. Il mio peccato, le mie tenebre, erano più reali della mia gloria. Il peccato era il tema principale di tutti i sermoni: il 90% delle prediche riguardava la peccaminosità dell’essere umano.

Nonostante fosse importante e vero che ero un peccatore, così come tutti quelli della mia congregazione, solo il 10% delle volte fu predicato un messaggio differente, che semplicemente veniva tralasciato dal messaggio evangelico, ovvero la verità che ero stato creato ad immagine di Dio, che Lui mi sorride, nonostante la mia depravazione, che l’autorità della croce era ed è tutt’ora, più grande della vergogna.

Nella cultura religiosa conservatrice in cui sono cresciuto, il disprezzo verso sé stessi veniva identificato come segno d’umiltà, mentre l’amore per la propria persona era etichettato come superbia. Giovanni 3:30 insegna: “Bisogna che Gesù cresca e che io diminuisca”, questo versetto era la benzina che alimentava la mia autodistruzione. Nessuno mi ha mai spiegato che non potevo “diminuire”, se prima non diventavo “tutt’uno” con il Signore. Fino a quando non sai chi sei e non accetti la verità riguardo al modo meraviglioso in cui sei stato creato, non puoi riconoscere pienamente la grandezza del nostro Dio.

Accettare amorevolmente la bellezza che Dio ha messo in tutti noi non produce orgoglio, bensì un atteggiamento di immensa gratitudine ed umiltà. Disprezzarsi e sminuirsi sono comportamenti piuttosto orgogliosi: pensiamo inconsciamente che lo sdegno per noi stessi possa purificarci, che possiamo sedere al posto di Dio e perdonare il nostro peccato. Ci consumiamo a forza di debilitare noi stessi anche se in modo inconscio, ci scherniamo dei successi ottenuti e permettiamo all’insicurezza di spingerci verso un perfezionismo che non esiste.

Possiamo accedere ad un’autentica umiltà solo quando ci comporteremo da persone realmente umili. Possiamo evitare il peccato del disprezzo e dell’orgoglio unendoci alla Verità. Dobbiamo iniziare a dire la verità su chi siamo e come vediamo gli altri. Amare noi stessi è un “imperativo categorico” per la fede cristiana; amarsi vuol dire amare il nostro Creatore. Queste due cose non vanno mai divise. Dobbiamo unire l’amore per noi stessi, ad una santa adorazione per Colui che ci ha creati così straordinariamente.

Autore: Andrew Bauman